Oh
si aprono crepe nel cielo
con volti di Han’nya
in successione
e sgusciano frenetici
corpi
che ricordano l’immagine
di avi
la postura
la gestualità
o forse il nulla
che assomiglia a qualcuno.
Ho accelerato tutto
nell’incertezza
brunita dal ricordo,
per sbiadire meno
i fotogrammi.
Ho colonizzato la mia strada
di ammennicoli muniti
di muscoli e sangue
e c’è voluto coraggio
e cento dorsi di sudore.
Ho plastificato i sorrisi ricevuti
e le strette di mano,
li ho appesi al muro
come trofei di caccia
nella mia casa-airbag,
utile solo per l’attimo utile:
non esplode mai.
E ora vedo palmi di mani,
sollevati davanti alla finestra.
E vedo il dispiacere nero
che cola sul vetro,
e sento canti in lingue sconosciute
che frullano fonemi
di labbra impazzite
e il suolo fibrilla,
al funerale degli occhi.
Ho coltivato i ricordi
– li ricordi? –
e i tuoi occhi d’ortìca,
sbocciati bianchi
e morti come sbocciati,
vissuti e dipinti
di dolorosi fendenti-smeraldo
ma sempre fermi
come un segnalibro,
nella giusta posizione,
che era giusta per te.
Ma è giusto così,
quel segnalibro di palpebre chiuse
che se le riapro,
ogni volta
è una festa di pagine vive.
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Quel segnalibro di palpebre chiuse. Sai giocare con le parole. 🐞
Eletta
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eh oggi stiamo sulla stessa frequenza mi sa Mauro 🙂
Illuminante!
Un caro saluto Dona
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Un saluto anche a te! 🙂
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“quel segnalibro di palpebre chiuse
che se le riapro,
ogni volta
è una festa di pagine vive.”
Bella poesia che mi parla molto e i versi di chiusa hanno luce
Grazie.
🙂
gb
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Grazie a te! 🙂
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❤ "E vedo il dispiacere nero
che cola sul vetro,
e sento canti in lingue sconosciute
che frullano fonemi
di labbra impazzite
e il suolo fibrilla,
al funerale degli occhi." ❤
Mi sono venuti i brividi.
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Stupenda!
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