Questa poesia, assieme alla precedente “Un’epidemia”, apre un nuovo ciclo. Di tutto ciò che è stato pubblicato prima sul blog, solo una piccola parte – riveduta e corretta – andrà a confluire in un’opera che spero uscirà quanto prima (non dipende da me, o forse sì), e conterrà numerose poesie inedite che non saranno pubblicate sul blog.
“Meraviglia” è il titolo provvisorio che vuole aprire un nuovo corso: ho voluto celare il titolo reale.
Giorni di fango
ci hanno distesi qui.
Scendevano i lividi
a rugare di metanolo
il Weißhorn,
mentre eravamo lì,
sospesi come stalattiti di carne
a impasticcarci di sogni
nella Zona-Paralisi.
La mia dinamo è in tensione muscolare,
il diafanoscopio è la ragione
che ci attende.
Che cos’è questo terrore della luce?
Questo piacere sottile
che ci separa dalle lune a vapore,
lente sacerdotesse dei giorni meccanici?
È notte,
e i canti dei morti
disseminati tra le pietre
diventano campane rovesciate,
raccolgono il succo
delle stelle mature e dolci,
a cui abbeverarsi.
Siamo inchiodati supini,
nei cortili di fucili.
Io mi immaginavo
tra le tue falangi,
lontanissima Annette,
che come tralci di vite
sgocciolavano ombre,
pronte a incurvare quelle stelle,
a trascinarle indietro,
a retrocedere il tempo.
Dove finiremo?
Inghiottiti in qualche buca
delle mappe celesti?
Gli uomini di domani
ci dedicheranno qualche stella?
Se la luce è bianca,
rossa la paura,
blu le ferite
e gialle le parole,
complessivamente,
Dio è nero.
Dall’altra parte del mondo
le vecchie sistemano il pane
in ceste di vimini.
Forbavselse,
Zachwyt,
Wonder,
Wunder,
Maravilla.
Mentre sto dormendo,
ho ridisegnato i golfi dell’Oceania,
masticato fave di cacao,
giocato col fuoco e le rondini.
Sono un restauratore mentale,
e ho intagliato volti ossianici
nella sella turcica,
piccoli nascondigli bianchi
pronti a cantare
allo squarcio del vento.
Siamo in cinque,
e supini,
Annette.
Adagia Schubert sul grammofono
e apri la finestra.
Lo senti ancora il profumo?
Dall’altra parte del mondo,
in ceste di vimini,
le vecchie sistemano il pane.
Mauro De Candia ©2018
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.
Immagine: Giuseppe Cominetti, “Fra i reticolati”, 1918
Bella!
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Molto bella! Mi piace soprattutto l’immagine del “restauratore mentale” 🙂
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ci si viaggia in sincronie di luoghi e tempi e tutto, distinguendo e associando, e avvenire…
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Una bellissima complessa costruzione.
Complimenti.
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Grazie!
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Dei versi molto ben costruiti, per nulla banali . e poi quell’adagiare Schubert sul grammofono mi pare un’ottima scelta. Bravo Mauro. Isabella
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