Tempo fa avevo pubblicato un brano intitolato Susan: questa canzone gli è complementare nel senso che, mentre l’altro brano vedeva le cose dalla prospettiva di Susan (una realtà distorta, colorata e ultraterrena, tutto sommato terapeutica in quanto “correzione mentale” della realtà effettiva), qui è un osservatore esterno ad osservare Susan e il suo disagio: l’esito è sicuramente più amaro, eppure riuscire a raccontare servirà forse a qualcosa. Brano del 2010.
Il diario di scuola
conteneva segnali
della sua malattia,
tra pagina e pagina,
pagina e pagina.
E noi giù a ridere,
nell’indecidere
se piangere o ridere,
scegliemmo di non parlare.
Ma tu non sai
che sei tu il protagonista:
fare il male non ti basta,
e svegliati…
Susan il tempo sta passando via,
sguardo d’asfalto come un focolare,
è un vortice d’ansia che ci prenderà.
Devi star sveglia, non ti addormentare,
la tua coscienza sta volando via,
non posso far altro che star qui a raccontare.
Le corde magiche che ti muovono
non le riesci a controllare,
e giù dal mare si dan da fare
per non soffrire, quando soffrire è non dimenticare.
Sei qui, sei qui a plasmare nuove nuvole,
ritagliando le tue favole
da uccidere.
Susan il tempo sta passando via,
sguardo d’asfalto come un focolare,
è un vortice d’ansia che ci prenderà.
Devi star sveglia, non ti addormentare,
la tua coscienza sta volando via,
non posso far altro che star qui a raccontare…
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