Posso vantarmi di essere stato il primo, qualche anno fa, a recensire quello che considero “il più sconosciuto tra i capolavori del cantautorato italiano”, ovvero l’album Dentro Edipo, di Raffaele Mazzei. Grande disco datato 1979 ma ancora privo di una ristampa su cd. In seguito alla mia recensione ho anche ricevuto una bella mail di ringraziamento dello stesso Mazzei, che si è dimostrato persona profonda e gentile. Il disco è di grande rilievo anche per i testi, accostabili – per valore – a poesie di pregio.
Ho personalmente acquistato il Long Playing (33 giri) originale per farlo riversare professionalmente in digitale presso uno studio professionale tedesco. E il brano che propongo è quello iniziale, intitolato Viaggio dentro Edipo. Mazzei si rivela anche eccellente autore di liriche, e questa canzone è tra le più intense del cantautorato italiano, piena di immagini forti e poetiche.
Mio padre spesso ha bisogno
di entrare nei miei sogni,
per convertirmi al serpente
e tornare alla mela:
la dà sempre alla donna,
perché è la più cattiva.
La dà solo alla donna,
perché è la più vicina,
perché è la più vicina
alla scorza dell’albero.
Mio padre spesso ha bisogno
di avere una forma d’artiglio
e a volte mi entra nel sogno
attraverso uno sbadiglio.
Mai si è manifestato
vestito da coniglio.
Mio padre ha gherigli di noce
in un sacco dentro un nascondiglio.
Riviste di sesso e gherigli di noce
in un sacco dentro un nascondiglio.
Mio padre di notte mi apre una stanza,
la stanza dell’alcova.
Sul letto distesa, col viso coperto
c’è una donna nuda.
Io tocco i suoi fianchi,
io bacio i suoi seni,
respiro il suo respiro.
La donna sul letto
ha il viso scoperto,
il volto di mia madre.
Mio padre mi strappa
le braccia,
i capelli,
mi leva
i testicoli e i denti.
Mio padre spesso ha bisogno
di dormire nei miei sogni
confuso ai cristalli,
mescolato ai firmamenti.
Se vado lungo la strada
al limite del mare,
mio padre mi sputa in bocca
e mi ordina di tornare.
Mio padre mi sputa in bocca
e mi ordina di tornare…