Dal basso verso l’alto s’accartoccia
l’iride smisurata,
scivolando al contrario
sulla bionda rampa di scale,
col corrimano verniciato d’ore trascorse.
Io rotolo nel vetro della mia testa
dal basso verso l’alto,
con gli occhi-cormorani invertiti,
inghiottiti in un mare d’aria nera,
e fingo d’essere un ascensore,
staccandomi dal corpo:
ad ogni piano risalito è tutto più scuro.
E fingo d’essere metà bambino,
per conservare l’immaginazione di quel tempo,
la porta di legno,
il postino in bicicletta,
un magazzino di verdure
e il fischio del giusto treno che mi riconsegna
mio padre.
Dall’alto verso il basso,
mi ritiro,
tumefatto dal buio del terzo piano,
ma sempre rigido, col piede sul primo gradino.
Poi apro il portone,
ed esco, con un pensiero in bocca,
senz’acqua né becco,
a sciacquarmi di luce.
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.