I luoghi nella letteratura

Luoghi fisici (case, seminterrati, parchi, stanze, castelli, musei, mercati), o specificamente geografici (città, scorci marittimi, borghi, lembi montuosi, isole), ma anche luoghi interiori (percorsi onirici, universi di simboli, sensorialità alterate, trasfigurazioni nel ricordo, planisferi immaginifici affacciati su un passato ricostruito o su un futuro ipotizzato): quanto sono importanti i luoghi nella letteratura?

In molti casi il luogo risulta essere non un semplice sfondo variabile, ma una componente talmente caratterizzante da non poter essere cambiata, pena la fine della “magia” che caratterizza il testo (ciò avviene quasi sempre nel mio caso, per il genere di scrittura che mi appartiene): è probabile che la significatività del luogo sia inversamente proporzionale al peso assegnato alla parte puramente sentimentale o relazionale della storia (o, perché no, della poesia).

Per dirla in maniera più semplice: più trascino il lettore in una interazione sentimentale stilizzata (seppure rivestita di determinati particolari), meno diventa importante se si è sulla costa britannica o sul porto di Bari. O forse dovrei ridurre a domanda (e quindi concludere con un punto interrogativo) la riflessione appena esposta.

Chiaramente, se la storia (o parte importante d’essa) si regge su determinati particolari legati al luogo (es. il protagonista è un marinaio: come faccio ad ambientare la storia in un alpeggio?), ne deriva un equilibrio più inclinato verso una maggiore rilevanza del luogo negli equilibri del percorso di scrittura. Quando mi fermerò e deciderò di passare alla fase della revisione, non potrò improvvisamente decidere di cambiare tutto lo sfondo, pena un effetto domino che andrà ad indebolire tutta quella rete di relazioni (non solo tra persone, anche tra suggestioni, oggetti, rimandi sottili etc.) che avevo fino ad allora costruito.

Un procedimento che condivide alcune caratteristiche con un altro tipo di sfondo, quello temporale. Più cercherò di “virare” (in divenire) una storia già compiuta verso un’altra direzione, più quella storia tenderà a sgretolarsi: ad esempio, se ho scritto una storia incastonata nella cornice della Prima Guerra Mondiale, inchiodando i vari nessi spazio-temporali ad avvenimenti e luoghi storici e specifici, diventerà difficile “liberare” quella storia da quegli ormeggi (magari a causa di un ripensamento nel processo di scrittura) e man mano che mi allontanerò dallo sfondo spazio-temporale inizialmente stabilito, la mia “nave” creativa andrà dissolvendosi in lontananza, perdendo il suo equilibrio e il suo “morso”.

Posso anche traslare la narrazione in un’altra regione geografica e in altra epoca, ma se lo strappo nello spazio e nel tempo è troppo ampio, finirò per bruciare qualcosa che era già compiuto, un tessuto più o meno coerente che verrà ridotto in brandelli.

Diversamente avverrà per quel tipo di letteratura poco impegnativa, poco avvezza ad approfondimenti e molto incentrata su uno scambio diretto tra esseri umani (non è un giudizio di valore, dal momento che tale rappresentazione potrebbe anche risultare di buona qualità letteraria), che solo in via gerarchicamente secondaria avrà l’assegnazione di un determinato luogo fisico.

La mia protagonista Jennifer potrà quindi essere una commessa di un negozio della Costa Azzurra o una tirocinante in uno studio di un avvocato belga, o addirittura essere ispirata a una figura realmente esistita, che ho deciso di raccogliere, spogliare dei reali connotati spazio-temporali e ricollocare in un quadro differente ma verosimile: a prescindere da ciò, sarà sempre, sommariamente, Jennifer: avvinghiata simbioticamente alla sua rete di rapporti umani più che a un contesto socio-geografico preciso.

Probabilmente sarà utile riuscire a muoversi essendo capaci di attivare entrambi gli stili (maggiore o minore importanza conferita al luogo), a seconda della finalità e della tipologia del testo.

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