Si può dir sì
muovendo il capo.
E puoi dir sì
con abbracci di fuoco.
Puoi dire sì
con regali inattesi.
Ed io che ho solo
un gatto incatramato di colore
confisso in una cesta
tra vecchi Burda Moden,
e un focolare nel cervello,
ho provato a seminare il tuo nome
in un vaso di terra
ma ho dovuto sradicare
calendari d’infanzia
e stanze piene d’occhi in ginocchio,
per metterci a fuoco meglio:
troppo lontani,
per sbalzo di colori,
troppo trebbiati di cuore,
godiamo d’impazienza.
Poi le parole nere svolazzate
come tarme
dalle radici strappate,
le ho prese tutte a scucchiaiate
ma le ho mancate tutte.
Per farla breve
mi era rimasto del gelato
del duemilaquindici
sull’orlo della lingua.
Perciò ti ho detto sì
regalandoti
il mio sapore migliore.
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