Mia Martini – Guarirò Guarirò (1982)

Mentre tre grandi voci femminili come Giuni Russo, Alice e Milva stanno godendo momenti di successo e popolarità grazie alle collaborazioni con Franco Battiato, c’è un’altra grande cantante italiana che invece attraversa un momento di crisi.
La crisi di Mia Martini è sia personale (per via della fine della relazione con Ivano Fossati) sia artistica: prima un intervento alle corde vocali che le cambierà l’impostazione, la timbrica e l’approccio al canto, poi la mossa di fare tutto da sé, per un disco nel 1981, mossa che non si rivela molto azzeccata. Mia Martini non ha le qualità compositive di un’Alice (per fare un nome) e anche a livello di produzione quel disco presenta delle ingenuità. Passa solo un anno e cambia tutto: arriva il celebre Shel Shapiro che decide di produrle un nuovo album, avvalendosi di compositori di alto livello.
Giungono così, a dare una mano a Mimì, un bravo produttore (Shapiro, appunto, che è anche musicista) e grandi compositori: il redivivo Ivano Fossati, Mimmo Cavallo, Riccardo Cocciante, Mogol, Gianni Bella e Maurizio Piccoli. Partecipa alle composizioni lo stesso Shapiro, e Mia Martini si riserva di scrivere per intero due pezzi molto buoni (Stelle e Io Appartengo a Te), oltre agli ottimi testi di Vecchio Sole di Pietra, Quante Volte e Bambolina.
Il disco esce a settembre del 1982 e si chiamerà “Quante Volte Ho Contato Le Stelle”. In questa fase di transizione tra l’esplosione del suo successo negli anni ’70 e il ritorno alla ribalta a partire da fine anni ’80, questo disco è una vera perla.
Si può iniziare a conoscerlo col bellissimo e originalissimo brano scritto da Mimmo Cavallo, intitolato Guarirò Guarirò: una canzone dal testo surreale (e bellissimo) con la linea vocale che sembra cucita addosso al testo e alla ritmica, e viceversa. Dopodiché correte ad ascoltare tutto il disco, che ha la sola colpa di essere uscito nel periodo sbagliato, ma è uno dei dischi più belli della musica leggera italiana.

A voi, Guarirò Guarirò, con testo

Guardarsi i piedi che crescono
le dita si allungano
E le unghie sfondano le scarpe.
Le pupille fanno uno strano gioco
E il naso butta fuoco.
L’alito diventa un laser
che fa paglia dei muri, squaglia
Ha otto dita la mia quarta mano: mi pare strano.

Ho accelerato i miei esperimenti sul DNA
E negli ultimi tempi
Forse ingoiando intrugli di formule
Maledetta me avrò sbagliato i conti.

Sono la fata dell’ingegneria genetica
Costruisco mele che sanno di pere.
L’acido l’acido desossiribonucleico in mio potere.
I peli rosso-papavero intanto crescono
Mi inseguono mentre vado allo specchio
Resto un po’ con la mia faccia insieme
Stessi poco bene?

E la mia faccia è una piazza di De Chirico
Con manichini di burro
Ficcherò la testa sotto la doccia
Ma l’acqua scende giù a pallini di ferro.

Guarirò guarirò – mi do da fare
Guarirò guarirò – devo scoprire.
Guarirò guarirò – rifarò i conti
Guarirò guarirò – ai miei esperimenti
Via da me maledette allucinazioni
Devo ancora inventare la donna nuova di domani.

Filtri e alambicchi di traffico d’auto
E la vita di città sulla scheda perforata.
Fra “glu glu” di telefoni colorati, di macchine e dati

Esalazioni di fumi di semafori
di amminoacidi metropolitani
Come dottor Jekyll,
quasi come Dio
mi sento anch’io

Questo è il mio orgoglio della donna che voglio
Ed è per questo che mi avventuro
Per dimostrare a me stessa e al mondo
L’ipotesi di una donna futuro, perciò
Ho accelerato i miei esperimenti sul DNA
E negli ultimi tempi
Forse ingoiando intrugli di formule
Maledetta maledetta avrò sbagliato i conti

Guarirò guarirò – mi do da fare
Guarirò guarirò – devo scoprire.
Guarirò guarirò – rifarò i conti
Guarirò guarirò ai miei esperimenti
Via da me maledette allucinazioni
Devo ancora inventare la donna
Nuova di domani.

19 pensieri riguardo “Mia Martini – Guarirò Guarirò (1982)”

  1. Lei .. una grande… e Giuni… due voci incredibili… due vite difficili, grazie per questo articolo per curato e molto molto amaro alla fine… certi artisti non ne nascono più… purtroppo. grande Mia.

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      1. no… perchè alla fine quando se ne è andata da questa terra io non ho quasi più seguito la sua storia… grazie per questo regalo perchè andrò a spulciare per bene… e in tema di prog, ti lascio una cosetta… e ti risento volentieri … col sole !!! vedo che sei un po’ come me… dietro alla musica ci facciamo l’alba!!!!

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  2. Ho sempre amato l’animo delicato e facile di questa cantante. La canzone che hai riportato ha sia un testo che un’intonazione particolare. Io amo molto la canzone Cu’mme che ha una melodia e un trasporto unici. E poi la stupenda Almeno tu nell’universo. Intanto voglio ringraziarti anche per i tuoi like. Un sorriso. Lila

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    1. Ciao Lila, grazie a te! A questo proposito, qualche tempo fa avevo compilato sul forum di Ondarock i miei pareri sulla discografia 1971-1982 di Mia Martini, introduzione e commento disco dopo disco…eccola, se può essere utile: Una delle più sensibili interpreti italiane (forse l’interprete per antonomasia), da una parte esaltata oltre misura come “la più grande in assoluto” da chi conosce solo i (bei) pezzi sanremesi degli ultimi anni di carriera (collaborazioni con Lauzi, Maurizio Fabrizio, Enzo Gragnaniello, Mimmo Cavallo, Murolo, Califano e altri) e dall’altra parte troppo spesso liquidata con superficialità dai musicofili, a causa della stessa ignoranza discografica di chi la esalta relegandola ad Almeno tu nell’Universo e Gli Uomini non Cambiano.
      In realtà la sua è una discografia tutta da riscoprire (con mutamenti di stile, produzione e voce) soprattutto il periodo che va dal 1971 al 1982, per non trascurare un progressivo intervento attivo nei brani, come autrice di testi e musiche. Una discografia che (forse con l’eccezione di Oltre La Collina) non ha mai generato veri album capolavoro, ma che merita di essere esaminata perché zeppa di cose molto belle e perché segna il percorso di un’evoluzione artistica importante per una delle migliori interpreti italiane.
      Gli esordi risalgono al 1963, e l’anno dopo arriva la sua prima apparizione televisiva con E ora che abbiamo litigato, brano yéyé che non offre nulla di nuovo o particolare, e infatti Mimì Bertè non riesce a decollare. Seguiranno altri singoli fino al 1969, anno in cui resta per quattro mesi in carcere per possesso di droghe leggere.
      Nel 1970 inizia la vera carriera di Mia Martini, con look, repertorio e voce rinnovati: il singolo Padre Davvero (uscito a nome Mia Martini e La Macchina, con riferimento alla band di ispirazione prog-rock che la accompagnava: in realtà nel singolo suonano i Free Love) è straordinario, e fonde intensità alla Piaf con trame elettriche. Intanto vincerà il primo premio al Festival d’Avanguardia e nuove tendenze di Viareggio, a pari merito con PFM e Osanna, e nel 1971 esce il suo album d’esordio.

      Oltre La Collina (1971)

      Pietra miliare e uno dei dischi italiani al femminile più belli di sempre. Un concept album che fonde cover d’autore (Cat Stevens, Nina Hart, Jean Musy) con brani originali (ben cinque sono scritti da un giovane Baglioni in stato di grazia compositiva), il tutto tenuto insieme da splendidi arrangiamenti corali e d’archi. La voce di Mia è limpida e intensissima, e il disco – col suo essere in bilico tra chanson, prog-rock e musical di ispirazione religiosa – resta una delle sue testimonianze migliori. Lucio Battisti la invita nel programma “Tutti Insieme”, dove canta Padre davvero (una versione censurata) con un intro di Mauro Pagani.

      Nel mondo, una cosa (1972)

      Si ripete la formula vincente che incastona cover riuscitissime a brani originali. Rispetto al precedente album si perde in drammaticità e si guadagna in esperienza vocale. Spiccano le cover in italiano di Elton John (Border Song), una di Chico Buarque (Valsinha), una di Lennon (Mother), ma soprattutto alcuni brani originali scritti dalla coppia Baldan Bembo – Lauzi, come Piccolo Uomo e Donna Sola. Tra gli originali bella anche Neve Bianca. Resta invece esclusa dal disco la bellissima Suite per un’anima, 10 minuti di grande folk progressivo. Sarà recuperata dagli archivi trentacinque anni dopo.

      Il giorno dopo (1973)

      Il disco di Minuetto, canzone italiana tra le più belle di sempre, un miracolo firmato Baldan Bembo – Califano, ma troviamo anche una (nuova) cover di Elton John (Picnic, che sarebbe Your Song) e l’opener Ma Quale Amore, inedito firmato da un giovane Venditti reduce da L’Orso Bruno (e si sente, tanto che il brano, analogamente al citato album di Venditti, sembra – soprattutto nel ritornello – uscito da Madman Across the Water). La cover di Joan Manuel Serrat (Signora) è la seconda e ultima dell’album, che tiene alto il livello rispetto al precedente.

      E’ proprio come vivere (1974)

      L’ultimo album del poker iniziale, stavolta senza neanche una cover ma solo con brani originali. Si vede già una maturazione nello stile vocale, che inizia a diventare più variegato. E Mia smette di essere solo interprete ma inizia a collaborare alla composizione (nel 1981 tirerà fuori da sola testi e musica di un intero album), come nella splendida Agapimu, che la vede dialogare a Senza Rete con gli Schola Cantorum. Belle anche Il Viaggio e Gentile se Vuoi, che la vedono alternare registri soffusi a picchi di emotività. La critica europea la elegge cantante dell’anno.

      Sensi e controsensi (1975)

      Un disco diverso, forse meno ispirato rispetto ai precedenti, ma interessante per le maggiori influenze folk (aumenta l’uso della chitarra acustica. Merito della coeva frequentazione di Gabriella Ferri?). E’ il periodo in cui la Martini inizia a interessarsi allo studio di strumenti come flauto, chitarra e pianoforte. Compare anche uno strumentale (Sensi), oltre alla bella Tutti Uguali e alla commovente Volesse il Cielo.

      Un altro giorno con me (1975)

      Disco stanco e poco ispirato: Mia canta bene, ma sono i pezzi e gli arrangiamenti a non decollare, anzi, ad essere proprio brutti. E’ l’ultimo disco con la Ricordi, e la Martini per contratto deve sorbirsi contro la sua volontà una tracklist di basso livello, con anche qualche brano simil-Collage/Homo Sapiens, cantato con un’intensità sprecata per il pezzo. Si salvano dall’oblio Milho Verde (cover di Gilberto Gil) e l’ultimo pezzo (uno dei pochi dell’album che incontrava il gusto della Martini) la rielaborazione del tradizionale Veni sonne di la muntagnella.

      Che vuoi che sia… se t’ho aspettato tanto (1976)

      Disco forse poco omogeneo ma nettamente superiore al precedente, come suoni, canzoni e arrangiamenti: metà dei brani vedono la collaborazione della band prog Libra, introducendo dinamiche sferzate pop-fusion, mentre l’altra metà si affida ad autori emergenti (Pino Mango, Amedeo Minghi, Gianfranco Manfredi, Stefano Rosso). Gli arrangiamenti sono del futuro premio Oscar Luis Bacalov.
      E’ l’anno della consacrazione internazionale, con un intero show per la televisione francese. Successivamente Charles Aznavour, stregato dalla sua esibizione, la porta con se per una serie di spettacoli all’Olympia di Parigi.

      Per Amarti (1977)

      Produzione alle stelle, cover di lusso (Leo Sayer con When i need you, che diventa Se ti voglio; Queen con Somebody to Love, che diventa Un Uomo per Me), collaborazioni con Fossati, Lauzi, Maurizio Fabrizio e Cocciante, e musicisti di livello (Tullio De Piscopo, Massimo Luca). Un disco con una produzione di livello internazionale, anche se resta una certa sensazione di freddezza e di un repertorio non molto riuscito, nonostante la grande prestazione della Martini (la cui voce vira sempre più verso una nuova tonalità ‘graffiata’, soprattutto nelle note più alte).

      Danza (1978)

      Il disco scritto da Fossati. Completamente diverso dal precedente, è un disco più terreno e concreto, con produzione scarna e asciutta, incursioni folk e ritmiche popolareggianti. Per alcuni è il vertice della Martini, per il sottoscritto è un ottimo disco che però fa sentire un po’ troppo la mano di Fossati, castrando un po’ il lirismo di alcuni album precedenti. Brani migliori: Danza, La Costruzione di un amore, Canto alla Luna, Vola.

      Passano tre anni, la relazione con Fossati interrompe la carriera di Mia Martini, che si ripresenta nel 1981 con

      Mimì (1981)

      Un nuovo esordio, stavolta come cantautrice. Tutti i brani (tranne un paio, con la Martini che firma comunque il testo), infatti, sono firmati in testi e musica dalla Martini. Non è certo il suo miglior lavoro, e non ci sono pezzi eccezionali, ma è apprezzabile il tentativo di dimostrare le proprie capacità di autrice sulla lunghezza del Long Playing. Molto sentita l’interpretazione di E Ancora Canto.

      Quante volte ho contato le stelle (1982)

      Passa solo un anno ma sembrano passati 15 anni. Mia si affida a Shel Shapiro, Mogol, Gianni Bella, Fossati, Mimmo Cavallo e Cocciante, confezionando non solo uno dei suoi album migliori, ma anche – per quanto mi riguarda – uno dei dischi italiani di musica leggera più belli degli anni ’80. Produzione e suoni sono avanti di dieci anni, i pezzi forti abbondano, e vocalmente la Martini sfoggia tutta la sua bravura ed esperienza. Pezzi migliori: quasi tutti. Guarirò Guarirò e L’equilibrista i capolavori.

      Nello stesso anno partecipa per la prima volta a Sanremo con E non finisce mica il cielo scritta da Fossati. Brano abbastanza convenzionale e fuori tempo se paragonato alla freschezza dell’album precedente, di cui appunto non farà parte. Come pezzi sanremesi farà molto meglio, come qualità e incisività, tra fine anni ’80 e inizio anni ’90.

      Miei compagni di viaggio (1983)

      Primo disco live. Mia canta De Andrè, Cohen, Tenco, Kate Bush, De Gregori, Joni Mitchell, Chico Buarque, Randy Newman e John Lennon,a volte reinventando completamente i brani (si veda la cover di Wuthering Heights, con arrangiamenti da camera). Una sorta di summa della sua arte interpretativa, prima di ritirarsi dalle scene per ben sei anni.

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      1. Uh! M ci è voluto un bel po’ per leggere. Ammazza. Sei preparatissimo riguardo alla sua musica. Praticamente mi si è aperto un mondo. Rileggerò quello che hai scritto e magari ascolterò qualche chicca musicale. Lo sai cosa mi meraviglia ogni volta quando si parla di Mia Martini. Del suo desiderio di amore quasi sempre non ascoltato.

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      2. In realtà sono appassionato di centinaia di artisti, amo approfondire musica di ogni genere e da tutto il mondo, anche quella più underground 😀 Mia Martini era una persona sincera, purtroppo è capitata in un mondo sbagliato (mi riferisco al contesto musicale italiano…)

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      3. La penso anche io come te riguardo a Mia Martini Per quanto riguarda la musica io non ho conoscenze profonde. Ho un buon orecchio poiché mi piace molto ascoltare musica e quindi a volte appena c’è un attacco in musica sono subito in grado di riconoscere la canzone che viene trasmessa alla radio. Anche io ho le mie preferenze e diciamo non necessariamente underground e poi ho il cantante del cuore, quello per cui a volte ho dato di matta (e non tanto quale modo di dire…). Comunque hai ragione. Purtroppo il contesto musicale italiano non offre molte opportunità.

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  3. L’ho amata molto. E sai? ora dirò una sciocchezza, qualche anno fa ho avuto occasione proprio di cantare “Almeno tu nell’Universo”, accompagnata al piano da mio figlio, quindi emozione doppia.E conoscendo la sua vita (ma anche la mia) immaginavo cosa doveva provare cantando quel testo. Lei lo interpretava splendidamente, era unica, si dava completamente, non si risparmiava. Troppo sensibile per questo mondo dove sopravvivi solo se sei un vaso di ferro (però i vasi di ferro faranno anche una migliore carriera, ma non canteranno mai così). ❤
    Piano piano voglio ascoltarmi gli altri link che hai messo. Grazie infinite.

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